martedì 13 dicembre 2011

Figurazione e astrazione

Non è priva di significato la perplessità con cui la gente guarda al figurativo dopo aver identificato l'astratto col contemporaneo. E' nello stupore di Kandinski di fronte al quadro di Monet capovolto eppur bellissimo (questo si racconta nella sua biografia) un germe di risposta al dilemma. Perché i covoni rovesciati occupano, nel campo di forze generato dal dipinto, lo stesso spazio, equilibrato e armonico; perché agiscono, a livello percettivo, allo stesso modo. Così, la cooperazione dell'osservatore, analogamente alla cooperazione del lettore nel testo letterario, agisce come decodificatore, "brucando" la superficie del quadro, per dirla con Paul Klee.
Per questo, ritengo che di fronte a un quadro si debba stare seduti e si debba avere del tempo. Ed è per questo che lo scorrere dei gruppi frettolosi davanti alle opere d'arte costituisce, secondo me, una forzatura e, al massimo, è in grado di nutrire come un aperitivo.

lunedì 12 dicembre 2011

La propria voce

Ho letto: "Serve scrivere bene, ma questo non basta, se non si trova la propria voce". Così penso:"Serve dipingere bene, ma questo non basta, se non si trova la propria voce".

sabato 10 dicembre 2011

Arte, oggi

Se l'arte è presa di contatto col mondo, non sfugge la pregnanza del dibattito attuale sui "nuovi barbari", la generazione che verrà e che sarà capace di costruire un universo della "superficie" connotato dal frammento, dal molteplice, dal volatile passaggio di un "clic". L'arte non può non interrogarsi sulla sua appartenenza a un mondo di replicanti e di effimeri, dopo aver celebrato da tempo la sua stessa morte.

Il mondo dentro lo sguardo

Tenere il mondo dentro lo sguardo è riappropriarsi della capacità di vedere in cui è implicato il nostro esistere; protendersi (non solo con lo sguardo) verso tutto ciò che vive. Guardare, alla fine, è ritrovare lo stato primordiale della creazione (sperimentabile prima della parola), che è in grado di restituirci al nostro vero io.
E' lo stato che definiamo creativo a ricondurci alla percezione della sostanziale bontà di un mondo che la parola (logos) è chiamata ad organizzare sottraendolo al caos.
Un caos primordiale che percepiamo nelle alte montagne, che si sottraggono alla mano dell'uomo rivendicando la propria alterità; nei paesaggi godibili dalle finestre (di cui è felice metafora il quadro con la cornice); nelle nuvole senza confini, vaganti in un cielo informe e assoluto; nel fuoco che illumina le notti e suscita il misterioso emergere di forme accessibili solo all'immaginazione.

giovedì 8 dicembre 2011

Wabi Sabi

Mono-no-aware è un'espressione che può essere tradotta con "il sentimento delle cose", anche se il termine "aware", che significa "provare pietà, dolersi", ci rimanda al fatto che il sentimento che le cose ispirano è velato di malinconia e di pungente nostalgia.

Wabi Sabi

Volendo fare una distinzione fra i due termini quasi equivalenti, si può dire che il sentimento wabi corrisponde a sobrietà, frugalità, umiltà e contrassegna tutto ciò che non è eccessivo, estremo. E' wabi l'utilizzo delicato di materiali semplici, poveri, grezzi. Sabi è tutto questo, però legato allo scorrere del tempo: è il muschio che ricopre le rocce, ciò che è antico, opaco, polveroso, ricco di storia. Wabi è il fascino dell'imperfezione e delle cose vecchie che ispirano eleganza e maestà.

mercoledì 7 dicembre 2011

Wabi Sabi

Questi due termini hanno un'origine zen (periodo Ashikaga, Giappone, 1333-1568). Entrambi esprimono l'atteggiamento di chi entra nell'anima della natura attraverso le piccole cose, il sentimento, la bellezza che, nel profondo, suscita una sorta di nostalgia, una tristezza malinconica.
Wabi sabi è il titolo di una raccolta di opere del pittore milanese Giovanni Frangi, da cui sono rimasta incantata un giorno d'estate a Pietrasanta.

Claudia

Come una lucciola/ nella sua luce/ così mi avvolgo/ nella mia piccola felicità.

Montagne 5